Il Santo Padre, Francesco, ieri all'Angelus ha voluto rivolgere un pensiero all'apostolato del mare con queste parole: "oggi ricorre la Domenica del Mare, a sostegno della cura pastorale della gente di mare. Incoraggio i marittimi e i pescatori nel loro lavoro, spesso duro e rischioso, come pure i cappellani e i volontari nel loro prezioso servizio. Maria, Stella del Mare, vegli su di voi!
Esse sono strettamente collegate al richiamo alla concretezza fatto poco prima e in esse trovano il senso dell’impegno. Pur se lontani fisicamente dal mare, nella Messa di ieri, nella cappella di Casa Assistenti a Roma, il cuore reso preghiera ha annullato le distanze permettendo di vivere la domenica del mare in piena comunione con tutti. A presiedere la celebrazione, il Segretario Generale della CEI, S. Ecc. Mons. Nunzio Galantino che nell'omelia ha offerto i tratti di un autentico impegno missionario, valido per tutti i cristiani e che nella particolare circostanza della domenica del mare si vuole considerare come l'orizzonte per quanti si prendono cura della gente di mare.
“C'è un invito a coniugare in maniera concreta l'esperienza religiosa, la vita religiosa, la spiritualità che, molto spesso nel linguaggio comune e nel modo comune di sentire la religione, la spiritualità come pure lo stesso linguaggio liturgico sembra non c'entrino con la vita, come se fossero due cose diverse. Il primo messaggio della liturgia di oggi è un invito alla concretezza come già la prima lettura indica: Questo comando che oggi ti do non è troppo alto per te, né troppo lontano da te... È un primo invito a chiederci la mia spiritualità, il mio modo di vivere il rapporto con Dio, tocca la mia esistenza, tocca le mie esigenze, tocca la mia storia? Si risente anche nel linguaggio?...
Il Vangelo parte da una domanda… concreta, il dottore della legge, in fondo, che cosa chiede a Gesù? Chiede quello che anche noi ci chiediamo soprattutto in alcuni momenti particolari della vita: Maestro che devo fare per essere al di la delle etichette? Oppure cosa devo fare per essere un uomo o una donna vivo/a vero/a la cui vita ha un senso? Cosa devo fare perché la mia vita mi sia amica?
Chi non tira fuori queste domanda, esplicitamente o implicitamente, vuol dire che non vive intensamente una vita bella, riscontrabile giorno per giorno...
Gesù risponde non con dei principi… ma con un fatto nel quale dominano dei gesti, dei verbi, capaci di rendere la vita di un uomo una vita vera, sensata, viva. Verbi capaci di trasformare più delle parole e più delle facili indignazioni. Questi verbi, in quest’anno della misericordia e senza chiuderli in questo periodo, devono diventare veramente lo stile della nostra vita: passandogli accanto, vicinanza, vide, ebbe compassione, gli si fece vicino, gli fasciò le ferite versando olio vivo, lo portò in albergo, si prese cura di lui, tirò fuori due denari e li diede all'albergatore aggiungendo domani torno. Egli si fa carico di questa storia è questo il messaggio del vangelo di oggi. Pensiamo a quanta gente oggi crede di cambiare, dentro e fuori, la chiesa, pensa di cambiare le situazioni, gridando la sua indignazione per i peccati, degli altri naturalmente... Ecco di fronte al malcapitato, che Luca descrive con estrema concretezza, che ha subito di tutto fino a essere ridotto in fin di vita, quelli passano oltre. Un samaritano… non passa oltre. Il samaritano viene, provocatoriamente, proposto da Gesù come esempio per gli osservanti…
Dinanzi a un uomo che, come dice Luca, non ha neanche un nome né altra identità ma del quale è detta la condizione: derubato, umiliato percosso… L'umiliazione, le percorse, la perdita di dignità non hanno nazione, non hanno colore della pelle, non hanno status giuridico: fanno male e basta. Queste cose fanno male e basta. Di fronte a tutto questo il samaritano non passa oltre, si lascia interpellare, non va oltre come il sacerdote e il levita. Essi andando oltre, cioè non sporcandosi le mani e non lasciandosi coinvolgere, pensano di immergersi nella spiritualità. Tutti noi credenti, preti o non preti, dobbiamo capire una buona volta, a scanso di equivoci, che con buona pace di una spiritualità di comodo che tende a diffondersi soprattutto oggi, dobbiamo capire cioè che una spiritualità fondata sull'andare oltre, una spiritualità che tradisce il cuore della vita cristiana, andando oltre, non è una spiritualità perché non c'è uno spirito, c'è il nulla!
E per finire una brevissima considerazione legata alla prima. La solidarietà non è riferita soltanto a un uomo, a una persona, può benissimo essere identificata anche verso quelle situazioni che subiscono aggressioni di ogni tipo. Un esempio nella nostra società civile la quale piuttosto che crescere, in alcuni momenti, è ridotta in condizioni penose da comportamenti egoistici, ebbene di queste situazioni che rendono dura la vita, noi cristiani, oggi più che mai, siamo chiamati a farci prossimo e non come il sacerdote e il levita che sono interessati solo alle loro cose, non vogliono compromettersi… Il vangelo ci invita a chiudere con la pratica dei dibattiti teorici, senza fine, per passare alla concretezza. Gesù abbandona la cattedra per mettersi per strada per mettersi per mare, per farsi cioè prossimo di qualsiasi persona viva, per rendere più bello, più vivibile il nostro mondo”.
L'umiliazione, le percorse, la perdita di dignità non hanno nazione, non hanno colore della pelle, non hanno status giuridico: fanno male e basta… Situazioni ingiuste, ferite aperte, ampiamente diffuse anche nel mondo del lavoro marittimo verso le quali non è sufficiente gridare la propria indignazione quanto piuttosto farsi carico di queste storie nella continuità di un impegno. Pensandoci bene l’apostolato del mare, nel lontano 1899, è iniziato proprio dal non riuscire più a passare oltre ai tanti marittimi che sostavano nel porto di Glasgow, oggi sono cambiate le circostanze ma lo spirito no può essere che quello: farsi carico.